Il senso del futuro (1970) by Carlo Pagetti

Il senso del futuro (1970) by Carlo Pagetti

autore:Carlo Pagetti [Pagetti, Carlo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Saggistica umanistica
editore: Edizioni di storia e letteratura
pubblicato: 1970-01-01T16:00:00+00:00


CAPITOLO IX

LA FANTASCIENZA COME SATIRA E UTOPIA NEGATIVA

Verso il 1950 una seconda ondata di scrittori alterò profondamente il corso della fantascienza americana. Gli autori del ‘39-‘40, che avevano fuso l’avvenirismo tecnologico di Verne e Gernsback con una ricca miniera di miti, in parte di derivazione wellsiana, accentuando il lato fantastico della ‘science fiction’, pur continuando a sfornare opere con regolarità artigianale e a rimanere i beniamini dei lettori, venivano affiancati da un nuovo gruppo di scrittori, Frederik Pohl, C. M. Kornbluth, Robert Sheckley, Philip K. Dick, e poi Damon Knight, James Blish, Walter Miller, jr., Frank Herbert, William Tenn, Alfred Bester che, in misura maggiore o minore, avrebbero orientato la loro narrativa in altre direzioni, abbandonando, come già aveva fatto Bradbury, le avventure e le allegorie spaziali in un lontano, irriconoscibile futuro, per fare della ‘science fiction’ una letteratura impegnata, di esplicito commento nei confronti della realtà americana.

L’avvento di questa folta schiera di scrittori coincide con la comparsa di due nuove riviste, non più ipotecate da vincoli tecnologici. The Magazine of Fantasy and Science Fiction inizia la sua pubblicazione verso la metà del ‘49, e Galaxy, la rivista che più d’ogni altra determinerà il nuovo corso, nell’ottobre del 1950.

È peraltro significativo che nel primo numero di Galaxy, l’editoriale di H. L. Gold, personalità di grande rilievo e aperta alle esigenze d’una letteratura intelligente e stimolante, non vada al di là di alcune generiche promesse di rinnovamento{1}, insistendo soprattutto sulla necessità che la fantascienza si rivolga a un pubblico adulto. Anche i testi presentati rientrano nella normalità della tradizione. In realtà H. L. Gold agì direttamente sugli scrittori, senza sentire l’esigenza d’una formulazione teorica, che forse sarebbe stata accolta con molto sospetto dai lettori. La ‘social science fiction’ (o, come è stata definita in italiano, fantascienza sociologica) nasce quasi spontaneamente, per una interiore esigenza di chiarezza e di impegno, di fronte a una situazione stagnante e reazionaria, caratterizzata dall’aggravarsi della guerra fredda, dalla caccia alle streghe del senatore McCarthy, dal dominio sempre più oppressivo delle concentrazioni monopolistiche e dal formidabile avvento dei ‘persuasori occulti’ pubblicitari.

Sono gli scrittori della seconda ondata, soprattutto Pohl, Sheckley, Dick (a cui bisognerà aggiungere Bradbury e Vonnegut, che inizia la sua carriera in questi stessi anni), a dare un’autentica forza morale alla fantascienza, iniziando quello che, retrospettivamente, è stato forse il decennio più produttivo della ‘science fiction’ americana. Galaxy, con i suoi testi talvolta malscritti, talvolta troppo sofisticati (fino ad essere quasi incomprensibili) diviene il centro di questo movimento, pubblica la maggior parte delle opere più impegnative del periodo e svolge un ruolo di primissimo piano fino agli anni ‘60. Dal 1961 il direttore di Galaxy è lo stesso Pohl, ma ormai la tematica della ‘social science fiction’ si è esaurita, come la vena dei suoi rappresentanti.

Abbiamo notato che, fin dalle prime opere di Asimov e di Bradbury, la migliore ‘science fiction’ americana assume sempre atteggiamenti polemici verso certi aspetti della società americana; è però tipico della ‘social science fiction’ servirsi quasi programmaticamente del veicolo swiftiano della satira e dell’ironia.



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